Un live teatrale in cui Sesso e Seduzione, sono il filo conduttore di questo spettacolo con Franco Trentalance ,esperto in materia come pochi, e Alessandro Ciacci, uno dei talenti più originali e irriverenti della nuova comicità italiana.
Aggiungici una coppia di protagonisti talmente inedita e improbabile, da far faville: da un lato un celebre attore hard, dall’altra uno stand up comedian e monologhista comico. Mescola il tutto con una massiccia dose di divulgazione e ironia, e otterrai MasterSEX, uno show tutto da ridere in cui la sessualità è affrontata senza volgarità ma anche senza censure e moralismi. Lo spettacolo sfata luoghi comuni e falsi miti, ponendosi anche come strumento per suggerimenti e riflessioni. Diviso idealmente in due parti Seduzione e Sesso, MasterSEX si avvale anche di slide e contributi video con diversi punti di vista femminili, non dimenticando che parlare di sessualità in tempi come i nostri, vuol dire affrontare anche una battaglia culturale contro il pregiudizio e a favore della consapevolezza. Uno spettacolo che si differenzia dal modo usuale di affrontare questi temi, perché fonde la praticità dei consigli e dei suggerimenti con la leggerezza dei monologhi e dei dialoghi comici.
Ai microfoni di Babboleo News abbiamo sentito Franco Trenatalance che ci ha anticipato qualcosa dello spettacolo
Secondo le Associazioni di rappresentanza del settore vitivinicolo di Italia, Francia e Spagna – e non solo – la viticoltura è un comparto assolutamente fondamentale a livello comunitario. Un’affermazione chiara e che non lascia dubbi, volta in prima istanza a rivendicare l’importanza del vino in Europa oltre che a prendere una netta posizione di fronte alle conclusioni contenute nello studio complementare sull’impatto del Regolamento SUR sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. All’interno del suddetto documento, pubblicato nei giorni scorsi dalla Commissione Europea, è infatti presente un preoccupante passaggio chiave in cui la prevedibile diminuzione della produzione di uva nell’UE viene definita “irrilevante”, in quanto inerente una coltura ritenuta “non essenziale”.
Nel dettaglio, lo studio in questione prevede un generale calo della produzione di uva dovuto agli effetti della riduzione dei fitosanitari. Nel caso dell’Italia si parla di un -20%, preceduto dal -18% della Spagna e seguito dal -28% della Francia. Il tutto senza nemmeno valutare l’impatto del cambiamento climatico, che – una volta aggiunto a questa cifra – farebbe sicuramente crescere ulteriormente le già preoccupanti previsioni. “All’interno del documento – spiega la Coldiretti – La Commissione Europea aggiunge altresì che la produzione di uva non sarebbe una coltura essenziale per la sicurezza alimentare europea, ragion per cui una diminuzione della produzione di vino in Europa risulterebbe irrilevante. Tutte affermazioni, queste, che ignorano l’enorme contributo economico, sociale e culturale del settore vitivinicolo in molte regioni dell’UE, oltre a rappresentare un atteggiamento totalmente inaccettabile e incomprensibile”.
“Preso atto dello studio in questione – commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – è bene non dimenticare che proprio l’Unione Europea è il primo produttore di vino al mondo, vantando al proprio interno ben il 45% della superficie viticola mondiale. Viene da sé che un comparto come questo debba essere considerato vitale per molte regioni rurali europee, dove da solo è in grado di garantire milioni di posti di lavoro e contribuisce in modo significativo alla bilancia commerciale dell’UE. Senza dimenticare che gli operatori e le aziende vitivinicole sono da tempo impegnati nella transizione ecologica e continueranno ad esserlo. Soprattutto perché in questo senso c’è ancora molto lavoro da fare, e i nostri produttori devono poter portare avanti questo impegno per la sostenibilità ambientale senza inutili polemiche”.
“Solo in Italia nel 2022 il settore vitivinicolo – aggiungono Boeri e Rivarossa– era la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. Dati alla mano: le esportazioni per il comparto nostrano sono cresciute del +10% (pari a 7,9 miliardi di euro) solo nell’ultimo anno, con un +3% registrato anche dalla nostra bella Liguria, conquistando ufficialmente un record storico per il vino made in Italy. Un successo mondiale, reso possibile grazie alla strada della qualità intrapresa dalle bottiglie made in Italy, destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt, alla cui base c’è nientemeno che un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa. Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura ed una tradizione, rimasta viva nel tempo e in grado di esprimere al meglio la realtà di ogni territorio”. Si parla, nel complesso, di 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia. Il restante 30% concerne, infine, i vini da tavola. “E proprio la nostra Liguria può vantareben 8 vini Doc e 4 Igt.
Anche per questo, “come Coldiretti ci uniamo all’appello mosso dalle principali Associazioni di rappresentanza del settore vitivinicolo dei Paesi coinvolti – concludono – e chiediamo agli Stati membri e agli Eurodeputati di prendere una posizione chiara su questo tema. Il vino è un importante prodotto economico e culturale in Europa, che deve essere sostenuto con regolamenti realistici e un calendario operativo in grado di consentire anche l’implementazione delle soluzioni alternative efficaci esistenti e in arrivo, al fine di continuare le azioni di transizione ecologica”.
L’intervista integrale a Gianluca Boeri, Presidente di Coldiretti Liguria su Babboleo News.
132 giorni di attesa per un’ecografia ginecologica non urgente, 287 per una colonscopia, 230 per una visita chirurgica vascolare nelle strutture della ASL 1; 71 giorni per una radiografia in tempi brevi all’addome, 282 giorni per una visita dermatologica programmata presso la ASL2; 147 giorni per una spirometria da fornire in tempi brevi nella ASL3; 294 giorni per una visita pneumologica alla ASL 4; 102 giorni per una mammografia urgente nella ASL spezzina numero 5. Sono solo alcuni degli esempi dei tempi d’attesa nelle strutture sanitarie pubbliche in Liguria, registrati ad inizio luglio.
“I ritardi nell’erogazione dei servizi e altre difficoltà ad accedere alla sanità pubblica stanno provocando, anche in Liguria, un pericoloso allontanamento dei cittadini da cure, assistenza e prevenzione”, denuncia Luca Maestripieri, segretario generale della CISL Liguria.
“Quello che sta accadendo nella nostra regione rispecchia, purtroppo fedelmente, l’allarme dell’Istat. Sappiamo tutti che durante l’emergenza pandemica la quota di italiani che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie necessarie è quasi raddoppiata, passando dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020– rileva Maestripieri – Nel 2022 la rinuncia in Liguria a prestazioni sanitarie per motivi economici, distanza e lista d’attesa secondo i dati ISTAT si è attestata al 5.8%. La Liguria si colloca sicuramente meglio rispetto ad altre regioni ed è un aspetto importante ma non può bastare anche perché il motivo di preoccupazione è un altro: fino a qualche anno fa erano ragioni economiche a impedire a molti cittadini di curarsi, mentre oggi, oltre a questo incidono le liste d’attesa che sono il motivo più frequente della rinuncia (il 3,8% della popolazione, sempre secondo l’Istat), a fronte di una riduzione della percentuale di chi non accede a servizi medici per difficoltà economica (2,9%). Sono numeri allarmanti, perché si sommano a quelli – in forte crescita – della spesa sanitaria a carico delle famiglie”.
Secondo i dati Istat elaborati dalla CISL, nel 2019 la quota di persone che ha rinunciato a visite o accertamenti specialistici tra le persone con risorse giudicate scarse o insufficienti era quattro volte superiore a quella di coloro che dichiaravano risorse economiche ottime o adeguate (12,4% contro 3%), mentre nel 2022 questa forbice si è ridotta. Al ridimensionamento del gap ha contribuito soprattutto l’aumento della rinuncia a prestazioni sanitarie tra le persone con risorse economiche ottime o adeguate (11,6% contro 4,7%). Tra i motivi della rinuncia è in aumento quello delle liste di attesa, che diventa il primo motivo tra i gruppi con migliori risorse economiche anche nel Nord del Paese. “Siamo in presenza di una tendenza che si sta trasformando in un’emergenza sociale – dice Maestripieri – L’accesso in tempi ragionevoli a servizi sanitari di qualità è un diritto che sempre più viene messo in discussione. Né è lecito chiedere ulteriori sacrifici al personale che opera, sempre più in condizioni assai difficili, nell’ambito della sanità”.