Roberta Repetto, la 40enne, morta nell’ottobre 2020 all’ospedale San Martino di Genova a causa di un melanoma curato con tisane e meditazioni dopo l’asportazione artigianale di un neo al centro Anidra di Borzonasca, è stata dichiarata “persona fragile e suggestionabile al cospetto di persone in grado di stabilire un rapporto di dipendenza, ma non inferma di mente”. Lo dice la perizia psichiatrica postuma della donna. perr la cui morte sono stati accusati di omicidio volontario il “santone” del centro Anidra Paolo Bendinelli, il medico Paolo Oneda e la psicologa Paola Dora, partecipi all’operazione di rimozione del melanoma su un tavolo da cucina del centro di Borzonasca.
Bendinelli è stato inoltre accusato per maltrattamenti e violenza sessuale, avvenuti all’interno della “psico-setta”, come definita dai documenti d’indagine.
Nelle carte non emergono elementi dai quali desumere la presenza di un’infermità mentale per Roberta Repetto, che “aderì alla pratica di attività proposte e coordinate dal Bendinelli nell’illusione di seguire procedure e trattamenti utili al superamento dei conflitti interiori e relazionali” – come si legge nella perizia – “diventando progressivamente succube delle strategie del Bendinelli tanto da affidarsi completamente alla volontà di questi, manifestando il progressivo isolamento dalla realtà circostante ed esterna al centro”.
La donna “apparentemente autodeterminante ma in vero priva della piena consapevolezza della loro non beneficialità verso se stessa” si è così sottoposta a “rudimentali pratiche pseudo-sanitarie prive di validazione scientifica”, proprio quelle che le hanno portato la morte.