Mercato del lavoro bloccato a causa della pandemia e la Liguria non fa eccezione a livello nazionale e fa segnare nel terzo trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, un calo del 7,7% dei nuovi rapporti attivati e un crollo verticale delle cessazioni (-19,6%) attribuibile senza dubbio al blocco dei licenziamenti deciso dal governo e attualmente prorogato fino al 31 marzo 2021. Sono i dati che arrivano dal nuovo rapporto del ministero del Lavoro.
Tra giugno e settembre 2020 in Liguria sono stati attivati 57.090 rapporti di lavoro da 50.642 lavoratori con una media di 1,13 attivazioni per lavoratore. Tuttavia ci sono regioni dove il dato è positivo, soprattutto Sardegna (+12,5%) e provincia autonoma di Trento (+11,8%). In generale tutto il Nord Italia ha subito una contrazione (-9,5%), più marcata per i maschi (-9,9%) che si ripercuote anche a livello nazionale con numeri molto vicini a quelli liguri (-7,1%). Il calcolo comprende anche le trasformazioni a tempo indeterminato.
Notevole anche il brusco calo delle cessazioni: rispetto al 2019 nel terzo trimestre di quest’anno sono state 55.906 (-19,6%) per un totale di 49.863 lavoratori interessati, in media 1,12 per lavoratore. Dato molto simile a quello della Lombardia (-20,1%) e un po’ più alto del Nord Italia in generale (-15,4% con sostanziale equilibrio tra maschi e femmine) e della media nazionale (-15,1%, per le femmine -15,7%).
A livello nazionale, il 71,2% del totale delle attivazioni (comprensive delle trasformazioni a tempo indeterminato), pari a 2 milioni e 987 mila, risulta concentrato nel settore dei servizi, che mostra un calo pari a -6,8% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. L’industria, invece, che con 377 mila attivazioni rappresenta il 12,6%, presenta una diminuzione più intensa, pari al -13,7%. Nell’ambito del settore industriale il calo interessa maggiormente le donne (-17,7%, mentre per gli uomini risulta -12,6%) e riguarda in misura superiore l’industria in senso stretto (-19,3%) rispetto alle costruzioni (-4,7%). Di contro, il settore dell’agricoltura, che con 485 mila attivazioni assorbe il 16,2% del totale, fa registrare una diminuzione di 13 mila attivazioni, pari a -2,7%, soprattutto per il calo osservato nella componente maschile (-3,2%).
Il 72,9% delle cessazioni è concentrato nel settore dei servizi, che registra una riduzione pari a -16,6% (-365 mila cessazioni). La variazione tendenziale negativa interessa sia il settore dell’industria in senso stretto, dove la diminuzione risulta pari a -18%, che, in misura minore, le costruzioni (-13,7%), dove coinvolge le donne in misura maggiore rispetto agli uomini (-17,2% a fronte del -13,6%). Anche nell’agricoltura, dove la variazione negativa è minore rispetto agli altri settori di attività (-5,4%), la riduzione delle cessazioni è superiore nelle donne (-6,2%) rispetto agli uomini (-5,1%).