
Diego Longo, mister genovese classe 1976, è un vero e proprio esperto di calcio internazionale: dopo la gavetta nelle serie dilettantistiche locali, il tecnico ligure ha girato mezzo mondo ricoprendo il ruolo di collaboratore tecnico di Lucescu. Prima il giovane Razvan, con cui condivide un percorso di 15 anni tra Romania, Qatar, Grecia e Arabia Saudita. Poi il padre Mircea, che lo nomina suo vice alla Dinamo Kiev, la squadra più titolata dell’Ucraina. Ora, dopo l’esperienza da ‘head coach’ con il Kukesi in Albania, Longo è tornato in Liguria: vive a Rapallo, studia per migliorarsi e aspetta una chiamata. “Magari dall’Italia” spiega a Babboleo News. “La mia famiglia, dopo 18 anni all’estero, spinge in questa direzione”.

Tra i ricordi più belli, senza dubbio, c’è la Champions League asiatica vinta nel 2019 con l’Al-Hilal. L’esperienza in Medio Oriente, prima in Qatar e poi in Arabia Saudita, è stata tra le più stimolanti: “In quei paesi c’è molta differenza tra i pochi giocatori stranieri in rosa, che sono molto forti, e i giocatori locali, che seppur bravi non sono allo stesso livello. E’ anche molto difficile gestire gli equilibri, non solo in campo: tra gli stessi giocatori ci sono esigenze, culture e religioni diverse”. E se il Qatar ha appena ospitato una Coppa del Mondo, il testimone presto potrebbe passare proprio all’Arabia Saudita, candidata per il 2030 (mentre il 2026 si giocherà in Nord America). “Il Qatar esce male da questo Mondiale” spiega Longo. “Ha fornito un’immagine e prestazioni sportive non all’altezza. Al contrario, invece, l’Arabia Saudita è in un momento felice: ha battuto ai gironi l’Argentina campione del mondo. E l’arrivo di Ronaldo non è casuale…”
Nel passato più recente dell’allenatore genovese ci sono l’Ucraina e l’Albania. “Alla Dinamo Kiev è stato bellissimo: abbiamo giocato la Champions con Juventus e Barcellona e visto un calcio di alto livello. Il Kukesi? Una stagione oltre le aspettative, dovevamo salvarci e invece abbiamo finito al quarto posto, sfiorando l’ingresso in Conference League. Ma l’adattamento non è stato facile: in Albania è molto complicato fare calcio, ve lo assicuro. Posso dire di essere l’unico allenatore italiano ad aver iniziato e finito una stagione nel campionato albanese. Non è certo merito delle mie qualità, quanto della mia pazienza…”
Nel futuro, invece, potrebbe esserci l’Italia. “Tornare dopo tanti anni fuori dai confini nazionali non è semplice. Sembra strano, molte piazze, anche quelle ‘minori’, preferiscono un allenatore con esperienze in Serie C a chi, come me, ha 600 presenze nei massimi campionati esteri. Ma spero ancora di trovare una società aperta al confronto. Altrimenti tornerò all’estero: in questi mesi sono stato contattato da alcune squadre. Mi piacerebbe, in quel caso, tornare a competere per le coppe europee”.