C’è una relazione genetica tra il Covid-19 e la malaria?
Lo studio italiano condotto dall’Istituto Italiano di Tecnologia e dagli ospedali Gaslini di Genova, Molinette di Torino e Policlinico di Palermo evidenzia proprio come le varianti genetiche in grado di proteggere dalla malaria potrebbero fornire protezione anche per l’infezione da Covid-19.
Ma come si è arrivati a questa conclusione?
I ricercatori hanno notato che nelle popolazioni che storicamente hanno avuto a che fare con la malaria, l’incidenza del covid è risultata più bassa. Lo stesso vale per le regioni italiane: all’inizio del secolo scorso non c’erano casi in Lombardia o in Piemonte, e anche i casi in Liguria erano vicini allo zero, mentre nelle regioni del Sud la malaria era diffusa. Le Province del delta del Po erano anch’esse flagellate dalla malaria. Ma la diffusione del Covid-19, più di 100 anni dopo, ha risparmiato maggiormente proprio le province di Ferrara e di Rovigo.
Da questi dati l’ipotesi che le mutazioni genetiche “post-malariche” possano in qualche modo ‘proteggere’ dal Covid-19.
A questo punto, i ricercatori hanno elaborato i dati già disponibili dalla comunità scientifica, sia in relazione alle varianti genetiche di protezione alla malaria (ne hanno selezionate una cinquantina), sia relative alle caratteristiche del genoma di un migliaio di individui sani appartenenti a diverse popolazioni, per le quali erano anche disponibili le frequenze del Covid-19.
Confrontando questi dati, i ricercatori hanno individuato le varianti genetiche più frequenti nelle popolazioni meno colpite dal Covid-19, e quindi potenzialmente vantaggiose contro il coronavirus. Ora, il prossimo passo è quello di acquisire il genoma di pazienti Covid ed esaminarlo.
Se il trial clinico dovesse confermare questi dati si tratterebbe di una scoperta importante per capire ulteriormente quale sia il meccanismo di azione del virus. Di conseguenza, si potrebbero trovare nuove terapie e individuare quali siano le persone più predisposte a contrarre il virus in forma grave e chi, invece in forma asintomatica.
L’intervista a Paolo Uva, ricercatore bioinformatico del Gaslini di Genova:
Come avete impostato la ricerca?
A quali conclusioni siete arrivati?
Cosa può rappresentare per la ricerca una scoperta simile?