Il candidato progressista alle prossime elezioni comunali, Ariel Dello Strologo, si racconta a Radio Babboleo. Dalla musica, sua grande passione, ai progetti per la ‘sua’ Genova. Un programma molto vasto, incentrato sull’ascolto dei giovani e sulla riduzione delle distanze sociali tra cittadini, quartieri e realtà territoriali.
Prima di parlare del suo programma, conosciamo meglio Ariel Dello Strologo. Avvocato, ora politico… e anche musicista.
“Musicista è una parola grossa (ride, ndr). Suono il piano e la chitarra, ma da vero dilettante. Diciamo che non mi vedrete mai suonare davanti a un pubblico”.
La sua passione per la musica nasce da lontano.
“La musica è un compagno di viaggio eccezionale che ho da quando sono ragazzino. E ho avuto anche modo di lavorarci dal vivo, come presidente della Porto Antico Spa, quando avevo il bellissimo compito di organizzare insieme ai miei collaboratori le estati del Porto Antico di Genova.”
Se dovesse scegliere una o più colonne sonore, band, artisti che hanno accompagnato la sua vita… quali sarebbero?
“I momenti sono tantissimi. Sono nato nel 1966, quindi ho conosciuto per prima la musica rock degli anni ’70, dai Genesis ai Led Zeppelin. Da grande ho scoperto il jazz e mi sono appassionato. Come organizzatore ho avuto la fortuna di vedere suonare a Genova grandi artisti, dai Deep Purple a Franco Battiato. L’esperienza più bella? Il concerto di Bruce Springsteen a Marassi.”
La sua candidatura. Come si è presentato alla cittadinanza e alle realtà locali?
“Essere me stesso è l’unico modo che conosco per poter fare le cose. Ed è l’unica condizione che ho posto quando mi è stata proposta la candidatura. Ho sempre avuto una propensione per l’impegno civile: anche se poi ho fatto la mia carriera di avvocato, non ho mancato di occuparmi della cosa pubblica e delle comunità in cui vivo. Ho fatto l’esperienza in Porto Antico, sono stato Presidente della Comunità Ebraica, in ambito culturale sono stato nel cda del Teatro di Genova. E da candidato sto conoscendo altri pezzi di città, incontro tante persone… E lo faccio portando con me la mia semplicità”.
Quali sono le impressioni e gli umori dei cittadini che ha incontrato?
“Farei una prima distinzione. Genova è polarizzata tra persone di una certa età, prevalentemente pensionati, e giovani. Il mondo dei pensionati è molto attivo, fondamentale nei quartieri più distanti dal centro, tengono in piedi la comunità e sono il cuore pulsante della città. Sono rimasto stupito da come, alla loro età, credano in un futuro migliore per i loro nipoti. Ma sono scontente di come la città funziona: non si lasciano impressionare dalle grandi opere, ma si basano sul quotidiano, notando disservizi legati alle manutenzioni, alle strade, ai trasporti pubblici. Dall’altra parte i giovani a gran voce chiedono risposte per fare in modo che non siano costretti ad andarsene da Genova. A 18 anni i nostri giovani iniziano a lasciare la città. La mia soluzione si basa su un principio fondamentale: per rendere Genova attraente bisogna dotarla di quelle caratteristiche che hanno le altre città dove oggi i nostri figli vanno. Università d’eccellenza, infrastrutture, luoghi di socialità, sport, musica. Pensiamo a vere e proprie ‘zone di creatività urbana’, soprattutto in periferia, dove i giovani possano davvero esprimersi ed essere sé stessi”.
Nel suo programma si parla molto di ambiente. Un tema sicuramente più sentito dai giovanissimi.
“Ne faccio una questione generazionale, non di stretta polemica politica. Ho ascoltato i giovani e ho notato che ci sono temi che per loro sono fonte di grande preoccupazione. Il tema ambientale è sentito come un problema personale che riguarda la loro vita: il fenomeno di Fridays For Future è serio, da prendere in considerazione. I giovani pretendono che le loro preoccupazioni e i loro valori vengano rispettati dalla politica. Un altro tema sentito è quello dell’identità, di genere e non solo: i giovani pretendono il diritto di essere sé stessi, e noi dobbiamo prestare attenzione a come loro si sentono e alle loro rivendicazioni”.
Le battaglie dei giovani possono essere effettivamente portate avanti dalle generazioni più anziane, o c’è troppa distanza?
“Solo nel momento in cui questa città diventerà a misura di giovani potremo fermarne la fuga. Non possiamo permetterci di non colmare il divario generazionale: le loro preoccupazioni devono essere anche le nostre. Insieme troviamo le soluzioni e creiamo una città accogliente, inclusiva e che funziona. Miglioriamo i servizi per i giovani, facciamo in modo che siano gratuiti, dai trasporti alle aule studio, impianti sportivi, eccetera. Così i giovani verranno qui a studiare e, perché no, a lavorare”.
Rilanciare la città attraverso la musica. E’ possibile?
“C’è un problema di fondo, e cioè la mancanza di una struttura in cui organizzare i grandi concerti. Mancano gli spazi, il Ferraris è stato utilizzato in passato ma ovviamente è incompatibile con l’utilizzo sportivo. Vengono utilizzate spesso aree della città affascinanti, ma si tratta di soluzioni provvisorie. L’idea è quella di individuare una nuova zona per ospitare gli eventi musicali. E poi c’è la parte attiva legata alla musica: aumentiamo studi, sale di registrazione, luoghi dove i giovani possano fare musica”.
Molti genovesi si chiedono se, nel caso in cui dovesse diventare sindaco, ci sarà continuità amministrativa per i progetti già in essere.
“Il principio della continuità è un dovere. Un amministratore nuovo deve porsi il problema di non interrompere processi che possono portare ad un determinato risultato positivo per la città, soprattutto se l’interruzione potrebbe significare un allungamento ulteriore. Lo ha portato avanti lo stesso sindaco Bucci: alcune cose di cui si vanta in campagna elettorale sono in realtà frutto dei lavori delle amministrazioni passate. Detto questo, è evidente che ciò che conta è lo stadio di sviluppo del progetto nel momento in cui c’è il cambio di amministrazione. Se il progetto è già in fase avanzata o addirittura in fase di realizzazione, ovviamente non esiste l’ipotesi di interrompere o bloccare i lavori e far saltare tutto. Tuttalpiù, se ci sono dei progetti che non corrispondono a quella che è la visione della città, si dovrà fare in modo di renderli il più possibile compatibili. Laddove, invece, c’è ancora lo spazio per intervenire, mi sembra giusto che l’amministrazione nuova sottoponga ad un vaglio tutti i progetti aperti per poter capire se corrispondono agli obiettivi della nuova amministrazione”.
Un esempio?
“Non sono favorevole al fatto che si continuino a prevedere riqualificazioni della città al prezzo di aperture di nuovi supermercati, o comunque di ingrandimenti di supermercati esistenti. Se diventerò il nuovo sindaco andrò in una direzione diversa: lo farei per salvaguardare il tessuto economico rappresentato dai piccoli negozi di commercio di vicinato, che sono importanti non solo per coloro che vivono del frutto del lavoro di quei negozi, ma anche per le piazze e le strade in cui queste attività si trovano. Una delle cose più inquietanti che si notano girando per alcune zone della città sono le lunghe file di serrande abbassate che danno un senso di desertificazione preoccupante. La desertificazione delle nostre strade e delle nostre città corrisponde ad un aumento del senso di insicurezza, alla mancanza della vita di comunità e a tutte quelle cose negative che dobbiamo cercare di combattere.”
I trasporti pubblici. Dove c’è da migliorare?
“Il trasporto pubblico è una priorità. Da un lato bisogna cercare di realizzare infrastrutture tali da consentire un maggior utilizzo del trasporto pubblico e far diminuire quello privato, quindi intervenendo anche sulla congestione del traffico. Nell’altro senso, il tpl dev’essere il più possibile ecocompatibile. La passata amministrazione è stata molto ondivaga a riguardo: la loro campagna elettorale era volta all’immissione dei tram in città, poi si è passato ai filobus, adesso si parla di autobus elettrici e di Skymetro in Valbisagno. La mia visione di città presuppone invece il ritorno al tram, per vari motivi. Pur consapevole del fatto che l’infrastrutturazione ha i suoi costi e i suoi tempi, ma il progetto è di lunga durata, è un progetto che davvero porterebbe la città ad essere al pari delle grandi e piccole città europee, dove ormai il tram è diventato lo strumento di trasporto pubblico più democratico, più corretto, più capillare, che permette di arrivare veramente vicino alle case di tutti, e soprattutto, ecologico. Il tram ha una capienza tale da permettere di sostituire in maniera massiccia il trasporto privato, a differenza di altre realizzazioni, come gli autobus elettrici che sono meno capienti e producono un maggior inquinamento, e rispetto alla metropolitana raggiunge più facilmente tutte le abitazioni, ed è anche più accessibile. Ovviamente gli autobus elettrici rimangono una priorità, ma a questo punto come logistica, cioè come mezzi di trasporto per scendere dalle varie colline genovesi e raggiungere il percorso del tram. Se ci saranno le condizioni per farlo, la mia scommessa è quella di infrastrutturare la città con il tram.”
Da tempo chiede un confronto con il sindaco Bucci.
“Posso comprendere che, essendo lui il sindaco uscente, ci sia meno desiderio di sottoporsi ai confronti con gli altri candidati. Credo però che i cittadini abbiano il diritto di vedere i vari contendenti esprimersi sulle singole posizioni e anche confrontarsi in maniera tale da avere un’idea indiretta di quelle che sono le intenzioni delle diverse opposizioni. Da settimane ormai insisto affinché questi confronti si tengano e spero che prima o poi – più prima che poi – l’attuale sindaco si renda disponibile ad incontrarci e confrontarsi sui diversi temi della città.”
L’astensionismo, in questi anni, ha raggiunto livelli da record. Qual è il suo auspicio per il 12 giugno?
“Questo è un punto di grande preoccupazione, e dovrebbe preoccupare tutti, non solo una parte politica. I sondaggi danno una grande tendenza all’astensionismo, si parla di un possibile 50% di cittadini che intendono disertare le urne. E’ una questione di fondo: lasciare che siano gli altri a decidere è un peccato ed è anche una responsabilità che bisognerebbe non prendersi. Il mio appello è, a prescindere da chi si scelga, di andare a votare. Il voto è un diritto, un dovere e un interesse.”